Cinghiali: facciamo un po’ di chiarezza


NON CRIMINALIZZIAMO I CINGHIALI! - L’“emergenza cinghiali” di cui tanto si parla sui media rivela una grande disinformazione. Non è l’abbattimento la soluzione del problema cinghiale. I danni arrecati alle coltivazioni agricole e gli incidenti stradali sono causati dall’attività venatoria.

FAQ - Frequently Asked Questions

Quanti sono i cinghiali in Italia?
Non si hanno dati precisi in quanto i censimenti di questi animali, pur possibili, sono impegnativi e onerosi e non vengono fatti. Stime parlano di numeri tra uno e due milioni di esemplari sul territorio nazionale.

Perché i cinghiali si sono così diffusi?
In Piemonte fino agli anni ’70 del secolo scorso  i cinghiali erano rari e presenti solo in alcune aree alpine. Il danno causato dalla specie era pressoché inesistente. Tra gli anni ’70 e gli anni ’80 con soldi pubblici e per esclusivi fini venatori vennero immessi centinaia di esemplari d’allevamento oltre ad esemplari provenienti dall’Est europeo per accontentare le richieste dei cacciatori. L’intervento umano ha accelerato un processo che probabilmente sarebbe avvenuto comunque.
I capi provenienti dall’Est Europa, più grossi e prolifici e quindi più appetiti dai cacciatori, hanno aggravato la situazione. L’attività venatoria disperdendo gli animali su territorio ha anch’essa contribuito alla diffusione della specie.

Il cinghiale è specie pericolosa per la specie umana?
No, i cinghiali non attaccano gli esseri umani. Solo quando vengono aggrediti senza possibilità di scappare e quando le femmine vedono minacciati o catturati i propri cuccioli possono, per legittima difesa, diventare pericolosi. Sono casi estremamente rari e la quasi totalità di questi eventi è a danno di cacciatori o bracconieri responsabili di avere ferito un animale adulto.

I cinghiali trasmettono malattie agli animali domestici e all’uomo?
Assolutamente no. I rischi igienico-sanitari sono unicamente legati al consumo di carne macellata clandestinamente e non sottoposta ai controlli sanitari di legge. Uno dei  pericoli per il consumo di carne infetta è la trasmissioni della Trichinellosi, zoonosi pericolosa per l’uomo.

Non è raro vedere cinghiali in ambito urbano. Cosa si deve fare e cosa non si deve fare?
La comparsa di questi animali in ambito urbano ha molteplici motivazioni la cui responsabilità è sempre afferibile a errati comportamenti umani.
Una buona parte di questi eventi si verifica durante la stagione venatoria. Gli animali vengono dispersi, allontanati dai loro territori e nel loro vagare attraversano strade o si inoltrano in ambiti antropizzati.
L’abbandono di rifiuti al suolo, cassonetti traboccanti costituiscono un forte richiamo non solo per cinghiali, ma anche per topi ed altri roditori. Trattasi di risorse trofiche facili da reperire e i cinghiali, se non si ha cura di impedire l’accesso ai cassonetti, ne approfittano. Quello che non si deve fare è cercare di instaurare un rapporto o un contatto con questi animali.  Trattasi di animali selvatici e la confidenza con l’essere umano può nel tempo essere causa di conseguenze spiacevoli.

Oggi è ancora possibile immettere cinghiali sul territorio?
Già a metà degli anni ’80 venne introdotto il divieto di immissione della specie, ma i rilasci abusivi sono continuati e continuano probabilmente anche ora in quanto esistono ancora allevamenti autorizzati di cinghiali per fini alimentari.

E’ vero che la caccia al cinghiale è la causa principale della diffusione della specie?
Certamente è così.  Il danno maggiore è dovuto all’uso dei cani. La “braccata” utilizza mute di cani, la “girata” usa pochi cani detti “limieri” e la “battuta” che si avvale di decine di battitori sono metodologie di caccia che hanno il fine di stanare gli animali dalle zone boscate per indirizzarli verso le “poste” dove i cacciatori li attendono per abbatterli.

Perché queste forme di caccia invece di contribuire a ridurre la popolazione dei cinghiali ne favoriscono invece la crescita?
Gli animali vengono allontanati da zone dove non causano danni, si disperdono sul territorio e vanno a colonizzare aree agricole dove formano nuovi branchi.
La presenza degli adulti nel branco contiene la fertilità dei giovani  e si realizza quella che viene chiamata nelle femmine “sincronizzazione dell’estro”. L’uccisione degli adulti ad opera dei cacciatori e soprattutto della femmina capobranco determina nelle giovani femmine l’anticipo del periodo riproduttivo e la perdita nel branco della sincronizzazione dell’estro. Il risultato è un maggior numero di cucciolate nell’anno.
Di fronte a un branco in fuga inseguito dai cani poi non c’è recinzione o difesa di cultura in grado di resistere. La dispersione degli animali causa l’incremento degli incidenti stradali che aumentano significativamente durante la stagione venatoria.

Il cacciatore può vendere la carne del cinghiale che ha abbattuto?
Il capo abbattuto appartiene a colui che lecitamente lo ha abbattuto, tuttavia il consumo è limitato all’ambito personale e famigliare. Per il commercio della carne devono essere rispettate tutte le norme sanitarie e fiscali  che solo strutture commerciali autorizzate sono in grado di rispettare.  Anche per fiere o sagre gastronomiche la legge limita all’utilizzo di animali provenienti da allevamenti autorizzati.  Il gran numero di animali uccisi dai cacciatori alimenta un fiorente mercato clandestino che evade le norme sanitarie e in più occasione ha causato danni alla salute umana.  Il mondo venatorio sta cercando di fare incentivare la “filiera della carne”, ma le associazioni degli agricoltori si oppongono in quanto questo incentiverebbe la presenza della specie sul territorio incrementando i danni all’agricoltura.

Aumentare il numero dei cacciatori non potrebbe contribuire a mitigare il problema dell’aumento del numero di questi animali?
Assolutamente no. Si ottiene in questo modo un risultato esattamente opposto. I cacciatori costituiscono l’unica categoria interessata ad avere sul territorio un numero elevato di esemplari di cinghiale. I cacciatori sparano preferibilmente agli esemplari adulti che forniscono maggiori quantità di carne e sono restii a sparare ai piccoli che costituiranno le prede degli anni successivi. Il prospero  mercato lecito e illecito della carne  sconsiglia di lasciare al mondo venatorio il problema della “gestione del cinghiale”.

Aumentare i limiti di carniere per ogni cacciatore non potrebbe contribuire a mitigare il problema dell’aumento del numero di questi animali?
Assolutamente no. Anche in questo caso il risultato sarebbe devastante. Lo dimostra la storia di questi ultimi 40 anni.
La legge regionale n. 60 del 1979 poneva ai cacciatori il limite annuale di carniere per ogni cacciatore di un solo capo all’anno. Nel corso dei decenni successivi il carniere per ogni cacciatore è stato aumentato e parallelamente sono aumentati gli esemplari di cinghiali presenti sul territoriooltre all’entità dei danni. Con l’attuale calendario venatorio 2021/2022 si è arrivati a consentire al cacciatore 5 capi di cinghiale al giorno e 25 all’anno, ma i danni sono ben lontani dall’essere contenuti.

Quale differenza c’è tra caccia “ordinaria” al cinghiale, caccia di selezione al cinghiale e controllo del cinghiale?
La caccia al cinghiale avviene in squadra o in forma individuale, con o senza cani, tra la fine di settembre e la fine del mese di gennaio.  Il cacciatore può sparare a qualsiasi capo rispettando il limite di carniere.
La caccia di selezione viene fatta all’aspetto dal cacciatore singolo, senza il cane e al cacciatore viene assegnato un capo identificato dal genere e dall’età. E’ questa una forma di caccia meno invasiva e impattante sull’ambiente, ma non molto praticata perché meno gratificante per il minor numero di prede ottenibili.
Il “controllo” viene deliberato dalle Province  e dalla Città Metropolitana per limitare i danni causati dalla specie alle attività umane. Nella pratica può non discostarsi dalla caccia, ma a differenza di questa, gli animali uccisi rimangono di proprietà dello Stato e possono essere alienati solo con le regole che sovrintendono la cessione di beni pubblici. Nelle attività di controllo, secondo le indicazioni delle delibere autorizzative, possono non essere rispettati  i tempi, gli orari  e i mezzi utilizzati previsti per la caccia.

Quali sono le colture più danneggiate dalla presenza del cinghiale?
Il cinghiale è specie onnivora per cui quasi tutte le colture sono suscettibili di danni da cinghiale. Dai campi di patate a quelli di mais, dalle coltivazioni orticole ai frutteti il cinghiale è in grado di incidere sui prodotti agricoli. I prati poi vengono rivoltati dagli animali alla ricerca di insetti, bulbi e tuberi.

Gli incidenti stradali causati dalla fauna possono essere prevenuti?
Nazioni più evolute della nostra hanno già da decenni cercato di realizzare reti viarie che tengano conto della presenza degli animali selvatici.  Soprattutto paesi nordeuropei hanno realizzato ecoviadotti che consentono alla fauna l’attraversamento in sicurezza delle grandi direttrici stradali. Autostrade e strade ad alta velocità dovrebbero essere realizzate in modo che la fauna non possa guadagnare l’asfalto. In Piemonte, come in tutta Italia, siamo ancora molto indietro. Soprattutto di notte la velocità dovrebbe essere molto ridotta sulle strade non protette. La colpa degli incidenti non è mai degli animali che sono le prime vittime.

Cosa fa la Regione Piemonte per cercare di ridurrei danni del cinghiale?
Già la  D.G.R.del 1° marzo 2019 aveva incentivato l’uccisione dei cinghiali attraverso attività di controllo imperniate su “girate” e “battute” al di fuori dei divieti e alle limitazioni previste per l’attività venatoria. La stessa delibera aveva “inventato” la figura del “tutor”, cacciatore particolarmente formato autorizzato a sparare ad ogni ora del giorno o della notte. Queste politiche volte a favorire l’uccisione degli animali da parte dei cacciatori non hanno prodotto i risultati sperati. Anzi. Le iniziative di prevenzione dei danni tramite recinzioni e dissuasori attuate dagli agricoltori sono in molti casi state vanificate dalle attività di caccia in squadra dei cinghialai, vere occupazioni “militari” dei territori con risultati di devastazione delle aree coltivate.

Cosa può fare un agricoltore per proteggere i propri campi dai cinghiali?
Per prima cosa chiedere alla propria associazione, alla Regione e alle altre istituzioni il divieto di caccia al cinghiale soprattutto quella con l’uso dei cani. Utile è chiedere il potenziamento degli agenti venatori delle Province e al Parlamento l’abrogazione dell’art. 842 del codice Civile che consente ai cacciatori di entrare nei fondi privati anche contro il volere dei proprietari. Le recinzioni elettriche a tutela delle colture sono molto efficaci a patto che i cinghiali non vengano inseguiti dai cani.  Le associazioni degli agricoltori sono in grado di suggerire la migliore localizzazione delle colture per prevenire i danni. Un campo di mais, ad esempio, che confina con un’area boscata ha buone probabilità di essere visitato dai cinghiali. Un campo di soia, meno appetitoso, è in grado di sopportare meglio la vicinanza con un’area boscata.

La Regione Piemonte incentiva la prevenzione dei danni?
Nonostante la Legge n. 157/1992  subordini gli abbattimenti all’inefficacia dei metodi ecologici e preventivi
le politiche regionali di questi anni sono ancora  rivolte quasi per intero  a sostenere l’attività dei cacciatori e a delegare a questi la gestione delle specie selvatiche.
La recente Determinazione Dirigenziale del 6 agosto 2021 che ha liquidato alla Città Metropolitana di Torino e alle Province piemontesi €. 458.247,43 quali contributi per interventi in materia faunistico-venatoria dell’anno 2021 conferma questo orientamento.
Queste risorse previste dalla D.D. sono rivolte in via prioritaria a dare ristoro alle attività danneggiate dalla fauna;  risorse per il 40%  “ripartite in funzione dei danni accertati dalla fauna selvatica.
Fin qui nulla da obiettare. Poi più avanti leggiamo:
“Le Province e Città Metropolitana di Torino possano utilizzare una quota pari ad almeno al 20% dei rispettivi trasferimenti, per azioni finalizzate alla riduzione dei danni da fauna, tra cui il coinvolgimento attivo dei soggetti con requisiti e competenze per collaborare all’attività di controllo, anche attraverso il riconoscimento di limitati rimborsi spese volti a favorire tale collaborazione.”
E’ facile immaginare che per gli interventi ecologici e preventivi  saranno destinate le briciole e la maggior parte delle risorse andrà da Province e Città Metropolitana indirizzata ai soli abbattimenti. E i “tutor” avranno i loro generosi “rimborsi spese”. I danni continueranno ad esserci per consentire il divertimento dei cacciatori.

Perché le associazioni degli agricoltori non prendono posizione contro la caccia e contro la caccia al cinghiale in particolare?
E’ diffusa la convinzione nel mondo agricolo che gli animali, quale che sia la specie, siano nemici delle produzioni agricole e debbano essere sterminati: dagli insetti ai grandi mammiferi. Lo sviluppo di forme di agricoltura ecosostenibile e in equilibrio con la fauna selvatica incontra ancora ostacoli culturali ed economici che la politica non  ha intenzione di contrastare al di là di mere dichiarazioni di intenti.
L’art. 842 del Codice Civile consente ai cacciatori, e solo a loro, di accedere ai fondi privati anche contro il volere del proprietario. I cacciatori esercitano gratuitamente la loro attività sui terreni privati degli agricoltori senza che le associazioni di categoria abbiano mai nulla da obiettare. Qualcuno si chieda perché.

Le associazioni degli agricoltori sono dunque responsabili degli stessi danni che gli agricoltori  subiscono?
Evidentemente sì. Qualcosa in questi anni sta iniziando a cambiare. Non sono pochi  gli agricoltori che stanno comprendendo come l’attività venatoria non porti vantaggi al mondo produttivo agricolo, ma molti danni. Fino a che le associazioni degli agricoltori non prenderanno le distanze dai cacciatori una positiva politica di prevenzione dei danni non potrà mai essere incardinata. Il cacciatore è l’unico soggetto che non ha interesse a vedere ridotta la presenza del cinghiale sul territorio.
I contadini illuminati si rassegnino.

Ma le associazioni protezionistiche cosa propongono?
In primis è necessario imporre il divieto di caccia al cinghiale e a seguire abolire la caccia tout court.
Incentivare produzioni agricole ecologiche e scoraggiare l’uso della chimica sono le direttrici maestre.
Accanto al puntuale rimborso dei danni vanno aiutate tutte le forme di prevenzione delle colture.
Tutor e cacciatori appendano il fucile al chiodo.  Ci vorrà tempo, ma un nuovo equilibrio con la vita naturale è ancora possibile conseguirlo.

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NON CRIMINALIZZIAMO I CINGHIALI!
L’“emergenza cinghiali” di cui tanto si parla sui media rivela una grande disinformazione. Non è l’abbattimento la soluzione del problema cinghiale. I danni arrecati alle coltivazioni agricole e gli incidenti stradali sono causati dall’attività venatoria.

LA CACCIA E’ IL VERO PROBLEMA
La responsabilità della diffusione del cinghiale è del  mondo venatorio.
La caccia è la causa del proliferare dei cinghiali con i conseguenti danni all'agricoltura, soprattutto se fatta con l'uso dei cani. Con l’apertura della caccia aumentano  gli incidenti stradali e gli animali cercano rifugio anche nelle aree urbane. I cani costringono i branchi ad uscire dalle zone boscate dove non causano danni, li disperdono e li disgregano.  Di fronte ai branchi terrorizzati e in fuga nessuna recinzione elettrica posta a difesa delle colture è in grado di resistere. Gli individui adulti vengono preferibilmente abbattuti dai cacciatori per la maggiore quantità di carne che si rende disponibile.  Il mercato  lecito e quello clandestino alimentano questo circolo vizioso. Le femmine adulte perdono il controllo del branco, si perde la sincronizzazione dell’estro, i giovani migrano, vanno ad occupare altri areali e si riproducono anzitempo. Il cinghiale da specie stanziale diventa specie erratica. In questo modo, invece di ridursi, a causa della caccia, le popolazioni di cinghiale crescono in maniera esponenziale.
Ogni anno aumentano gli animali abbattuti ed i carnieri concessi ai cacciatori, ma contemporaneamente aumentano i danni alle coltivazioni e gli incidenti stradali.

I CINGHIALI SONO STATI INTRODOTTI DAI CACCIATORI
In Piemonte negli anni Settanta il cinghiale non esisteva, è stato introdotto per fini venatori. II mondo venatorio ha gravissime responsabilità e se gli agricoltori  pensano che i cacciatori possano risolvere i loro problemi sono degli illusi, perché i cacciatori non hanno alcun interesse a vedere ridotto il numero delle loro prede.

COME RISOLVERE IL PROBLEMA?

Anzitutto escludere l’attività di caccia e soprattutto l'uso dei cani.

Vietare l'allevamento e il trasporto dei cinghiali poiché le immissioni abusive continuano ad esserci.

Vietare la commercializzazione della carne dei cinghiali per non alimentare la richiesta del  mercato

Difendere le colture con i moderni recinti elettrificati che sono molto efficaci e il cui costo si è nel tempo ridotto moltissimo diventando economicamente convenienti. Sono garantiti per 10 anni, se correttamente utilizzati e manutenuti.  Sono alimentati da batterie caricate da pannelli solari installati con accorgimenti antifurto.  

Utilizzare i dissuasori acustici ad ultrasuoni. Il suono, udibile solo dagli animali, non viene emesso in continuazione, ma solamente quando un animale di una certa dimensione è nel raggio d’azione della macchina.  Il suono emesso è sempre diverso, così l’animale non si abitua e si allontana sempre. (Escape prodotta da Nantech collegato a una  batteria alimentata da pannello solare con sistema antifurto garantisce una efficacia vicina al 100%).

Differenziare le colture
L’orzo e gli altri cereali tricomatosi, che vengono evitati dai cinghiali, dovrebbero essere piantati vicino alle aree boscate, mentre il mais e i cereali non tricomatosi dovrebbero essere piantati lontano dalle aree boscate.

Intensificare la contraccezione
La telecontraccezione viene realizzata iniettando a distanza negli animali il vaccino GonaCon con  apposito fucile. Questo metodo è stato recentemente perfezionato ed ora è possibile con una sola fiala avere un effetto durevole per anni. Naturalmente non è da sottovalutare l’impegno dovuto alla cattura dell’animale e alla sua marcatura visibile da distanza per evitare un secondo intervento contraccettivo non voluto. La riduzione dei danni e il risparmio conseguito incoraggia nelle scelta dei farmaci contraccettivi ora disponibili anche per via orale.
La possibilità della distribuzione con diffusori meccanici dei mangimi antifecondativi è ancora in via di sperimentazione tuttavia riteniamo che gli sforzi in questa direzione debbano essere incoraggiati.

IL CINGHIALE NON E’ SPECIE PERICOLOSA
Il cinghiale è specie elusiva e timorosa dell’uomo. Non è una specie che si possa definire pericolosa.
Può diventare aggressiva solamente se viene minacciata e per difendere i piccoli. Alla vista dell’essere umano il cinghiale si allontana. A corerre i rischi maggiori sono i cani dei cacciatori che inseguono e aggrediscono l’animale il quale,  impossibilitato a fuggire,  non raramente li sventra o li ferisce gravemente.. A rischio è anche il cacciatore quando con lo sparo ferisce solamente l’animale.
Vi è chi stima in circa 2 milioni i cinghiali presenti sul territorio nazionale e molto rari sono i casi di aggressione agli esseri umani. Quando questi si verificano vi è sempre all’origine un comportamento irresponsabile dell’uomo. E’ molto maggiore il numero di morti causati dai bovinio domestici. La vera vittima è il cinghiale.
La verità è che spesso si crea la paura del cinghiale per poterlo andare a cacciare. Bisogna rendersi conto che esiste anche l'ambiente naturale e ci dobbiamo convivere.


Roberto Piana